La facciata di un edificio riveste un ruolo molto importante nell’intero organismo edilizio. Definisce la frontiera tra gli strati o le membrature più interne e l’ambiente esterno con tutte le sue forzanti climatiche: acqua, vento, gelo, sole e così via.
Tutto il costruito storico “tradizionale” a umido, sia monumentale in muratura portante che latero-cementizio, prevede che la “pelle” finale sia solidale e incollata, a intonaco oppure a rivestimento ceramico o lapideo, ai substrati di tamponamento retrostanti.
Questo comporta inevitabili coazioni nel tempo, visti anche gli importanti stress termo-igrometrici, che conducono a problematiche di vario tipo: distacchi, infiltrazioni, fessurazioni e via dicendo.
Tecnologie di costruzione stratificata a secco: come agiscono sulle facciate ventilate
Le tecnologie di costruzione stratificata a secco, basate su prodotti e sistemi a fissaggio meccanico, offrono un’alternativa tecnica importante per evitare queste problematiche e la facciata finale diviene addirittura “ventilata” poiché unisce agli strati un meato d’aria in movimento.
Questo “strato dinamico” consente, in estate e nelle mezze stagioni, di sfruttare l’effetto camino (suzione dell’aria dal basso verso l’alto) e di ridurre gli apporti termici dall’esterno verso l’interno nei periodi caldi.
Sulle nuove costruzioni va da sé che una corretta stratigrafia, in grado di isolare e sfasare/attenuare l’onda termica, sia completabile verso l’esterno con una facciata ventilata, che esprima esteticamente gli elementi tecnologici oppure che sia mimetica (si pensi a facciate ventilate con pannelli di cemento Portland di piccolo spessore con intonaci sottili, tipo Aquapanel Knauf).
La vera sfida però si pone oggi sul costruito esistente, soprattutto quello dagli anni 1960/70 in poi, latero-cementizio e che spesso mostra carenze di isolamento termico e problematiche di durabilità degli intonaci così come dei rivestimenti incollati che hanno, di fatto, raggiunto la necessità di una manutenzione importante.
Ecco che i sistemi integrati, composti da pannelli isolanti (anche sandwich), con elementi di supporto in grado di portare diversi tipi di rivestimenti finali, lasciano libera ogni scelta estetica al progettista e al cliente e inseriscono prestazioni energetiche e di sostenibilità (in armonia con i CAM e in perfetta sintonia con gli attuali sgravi legati ai super Bonus governativi).
Una facciata ventilata, in generale, è tanto più termodinamicamente efficiente quanto più è importante lo spessore isolante retrostante alla cavità e tanto più è leggero lo strato di rivestimento finale (a esempio una lamiera metallica di finitura).
Queste scelte tecniche, che implicano un’accurata progettazione e una definizione degli ancoraggi strutturali di queste nuove stratigrafie, consentono di ridefinire l’estetica stessa delle nostre città, soprattutto su quel costruito storico che non ha valore artistico-monumentale e che però rappresenta la gran parte dei nostri agglomerati urbani al di fuori dei centri storici di pregio.
Una strategia “centrifuga” quindi, che ci faccia guardare sino alle periferie, che Renzo Piano definisce “patrimonio dell’Umanità”, dove il retrofit tecnologico e prestazionale delle facciate (agevolato dalle attuali norme post sismiche e post Covid19) diventa il primo passo per un necessario miglioramento dei luoghi in cui viviamo e delle performance energetiche.
Già la Germania, con la riunificazione tra Est e Ovest, scelse anni fa di investire moltissimo sulla strategia di recupero degli edifici (moltissime case popolari) dell’ex blocco comunista e lo fece proprio realizzando stratigrafie isolanti e facciate ventilate, dove le scelte cromatiche e materiche furono importantissime per dare nuova vita a cespiti di scarso valore.
É come se immaginassimo un nuovo “palinsesto” tecnologico, come è avvenuto nel glorioso passato degli edifici storici italiani, contemporaneo e multivaloriale: energetico, sostenibile, realizzabile a secco, reversibile eventualmente e, perchè no, esteticamente valido.
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