Parlare di “edifici cognitivi”, in grado di fornire informazioni e dati all’utente, sembrava fantascienza sino a poco tempo fa, oppure pareva qualcosa di collegato a complessa domotica e costi elevati, a disposizione solo di un’élite di persone. In realtà oggi si nota una presenza sempre più accessibile di questi sistemi di “comunicazione e informazione” applicati sugli elementi costruttivi e negli spazi abitati.
Se ci pensiamo bene noi umani siamo dotati di cinque sensi: olfatto, udito, tatto, gusto e vista; spesso l’armonia di combinazione tra questi ci fa stare bene (sinestesia si dice) e da ciò dipende il comfort degli ambienti che abitiamo.
Il nostro corpo è quindi un complesso sistema di sensori biologici che ci consente, per noi in modo semplice e immediato, di processare e percepire una complessa gamma di informazioni: ambientali, emotive, fisiche e via dicendo.
Vi sono però alcune cose che, anche se percepite non sono misurabili e controllabili (il calore, la temperatura, l’umidità, il rumore) oppure alcune che nemmeno sono percepibili ma possono essere per noi pericolose (concentrazione di anidride carbonica, PM 10, PM 2.5, componenti organici volatili-VOC, e così via).
Ecco quindi che oggi possiamo dotare l’edificio, nelle sue stratigrafie e nei suoi volumi costruiti, di sensori preposti a decifrare queste informazioni complesse e a mostrarcele facilmente (magari sul nostro smartphone attraverso semplici app) così da estendere i nostri sensi e poter “vedere” l’invisibile.
Qual è il senso dei sensori?
È Proprio la volontà di rendere semplice qualcosa di complesso, che sia capibile dall’utente comune e su parametri immediati.
Tutta la complessità che vi sta dietro all’utente finale non importa, mentre è per lei/lui fondamentale sapere se la stanza dei propri figli ha una buona qualità della luce, dell’aria e non presenta pericolose concentrazioni chimiche o di polveri per esempio.
Del resto ognuno di noi, da molto tempo, è abituato ad essere coadiuvato da sensori; pensiamo all’automotive, all’industria navale o a quella aeronautica dove la sensoristica è tradizionalmente integrata nei prodotti e nei componenti.
La casa (il cui valore economico e l’utenza è molto più importante, per esempio, rispetto a un’automobile) può oggi essere facilmente equipaggiata da una serie di sensori ad hoc in grado di farci comprendere meglio lo stato e il funzionamento dell’edificio e dei suoi impianti.
Ciò consente di poter gestire al meglio e con la migliore qualità abitativa gli spazi in cui abitiamo, studiamo, lavoriamo, veniamo curati e via dicendo.
Tutto questo rientra in due dimensioni del cosiddetto BIM: Building Information Modeling, le dimensioni BIM 6D (energia e sostenibilità) e BIM 7D (facility management).
La digitalizzazione delle costruzioni (BIM)
Se la digitalizzazione delle costruzioni (BIM) è ormai un processo ineluttabile che tocca tutti gli aspetti della filiera costruttiva sia di prodotto, che di progetto, che di processo costruttivo, riconducendo il sistema complesso di dati e informazioni (big data evidentemente) a un modello informativo inter-operabile e“vivo”, ecco che, a oggetto edilizio terminato, si pone il problema della corretta gestione e del suo monitoraggio.
Ed è proprio strutturando il cosiddetto “digital twin” (il gemello digitale dell’edificio), perfettamente aderente alle informazioni tecniche dell’edificio reale, che si può ad esso accoppiare un complesso sistema di sensori (di volta in volta tarabile sulle necessità e specificità dell’edificio in oggetto) in grado di comunicare in maniera semplice (nel caso delle abitazioni civili per esempio) con gli utenti e di fornire dati interpretabili ma anche in grado di auto calibrare il funzionamento dell’edificio rispetto alle forzanti esogene o endogene.
Le architetture diventano in un certo senso intelligenti, attive (si veda a esempio che cosa è un’Active House) e interattive (comunicando informazioni non registrabili dai nostri sensi) in grado di imparare dai comportamenti dell’utenza (deep learning) così come di spingersi verso la cosiddetta “predictive Engineering” visto che la sensoristica e il funzionamento impiantistico potrebbero essere calibrabili anche in previsone atmosferica ravvicinata (qualche giorno – massimo una settimana) per ottimizzare il comfort, il consumo energetico e di conseguenza ridurre l’impatto ambientale.
In conclusione possiamo dire che la digitalizzazione, l’affidabilità e la riduzione dei costi collegati alla sensoristica e alla sua integrazione con l’architettura ci consegnano già oggi un ambiente abitativo che potremmo definire “phygital” in cui gli oggetti fisici (physics) sono collegati e interfacciati con sistemi informativi digitali.
I sensori sono le “sinapsi” di questa rete neurale diffusa che, usata correttamente, può consentirci di stare meglio e di rispettare il pianeta terra su cui viviamo.
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