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Pannelli Sandwich e sicurezza antincendio

Pannello sandwich

Reazione al fuoco dei pannelli sandwich e progettazione antincendio

Il drammatico e velocissimo incendio di una torre abitativa nella zona sud di Milano, a fine estate di quest’anno, ha posto come primaria la necessità di fare luce e chiarezza nell’ambito della disciplina antincendio e nella sua corretta progettazione.Fortunatamente a Milano non ci sono state vittime (a differenza delle 71 persone che persero la vita nel 2017 alla Grenfell Tower di Londra) e non è scopo di questo articolo entrare nei dettagli dell’evento in sé di cui si stanno occupando la Magistratura e i tecnici preposti.

Dalle copiose immagini reperibili in rete pare però evidente l’assenza di qualsiasi caratteristica di appropriatezza del rivestimento di facciata utilizzato, che si è incendiato in un periodo brevissimo (tutta la facciata si è consumata in una ventina di minuti), producendo una quantità notevole di fumi e alimentandosi dall’alto verso il basso (quindi con possibile gocciolamento pirico).

Pertanto la sola osservazione di immagini video o fotografiche ci riporta subito al primo tema: la reazione al fuoco.

La normativa europea EN 13823

Secondo la normativa europea EN 13823 i materiali devono essere sottoposti al test SBI (Single Burning Item) che ci dice come i materiali contribuiscono all’incendio in termini di combustibilità:

  • classi A1/A2 incombustibili,
  • B poco combustibile,
  • C moderatamente combustibile,
  • D combustibile autoestinguente,
  • E combustibile,
  • F non classificato.

A seguire si definisce la fumosità:

  • s1 scarsa,
  • s2 moderata,
  • s3 alta.

E per finire il gocciolamento:

  • d0 assente,
  • d1 moderato,
  • d2 elevato.

Pertanto un materiale assolutamente incombustibile sarà A1/A2s1d0.

È questo l’unico materiale utilizzabile in un progetto di involucro?

La mia risposta è che una scelta del genere significherebbe escludere ingiustificatamente molti materiali a causa di una sorta di “over reaction” quando invece un buon progetto antincendio consente anche l’uso di materiali con altre classificazioni, assolutamente idonee.

Progettare elementi costruttivi con pannelli sandwich implica avere coscienza della necessità di ricorso a procedure di Fire Safety Management e all’analisi delle best practices, dei regolamenti nazionali e sovranazionali (soprattutto normative Europee e Nord americane) oltre alle linee guida fornite dai produttori.

In alcune situazioni o in porzioni di edificio l’uso di sistemi con nucleo poliuretanico potrebbe essere tranquillamente consentito mentre in situazioni particolari (si pensi a sezionamenti antincendio) si potrebbero usare sandwich con nucleo in lana minerale.

In ogni caso è bene sapere che al test SBI i pannelli sandwich metallici con nucleo in poliuretano contenente ritardanti di fiamma si comportano generalmente da Cs3d0/Bs3d0 i PUR mentre da Bs2d0 i PIR che ci mostrano come le aziende stiano sempre di più investendo nella qualità dei propri formulati chimici per conservare le migliori prestazioni strutturali e termiche senza però alimentare il rischio incendio.

Nel caso di Isopan la tecnologia LEAF incrementa ulteriormente le caratteristiche ignifughe dei pannelli che al test SBI ottengono un sorprendente Bs1d0 (miglior prestazione europea per i sandwich poliuretanici).

Questa tecnologia si ottiene mediante l’uso di ritardanti di fiamma privi di alogenati (miglior impatto ambientale) riducendo poi le dispersioni termiche del 20% grazie alla struttura microscopica degli alveoli, rispetto a soluzioni di pari spessore.

Se vuoi approfondire la Tecnologia Leaf Isopan clicca sul bottone qui in basso per avere maggiori informaizoni.

SCOPRI DI PIÙ SU LEAFAlla prova di piccola fiamma (EN ISO 11925-2) è evidente come la tecnologia PIR in generale (e a maggior ragione la LEAF) sia performante rispetto ai classici PUR il cui uso è destinati in futuro ad essere via via ridimensionato nelle applicazioni con requisiti di comportamento al fuoco (si vedano anche i test di Reazione al fuoco e classificazione delle schiume secondo EN 13501-1).

I sistemi di protezione possono essere di tipo attivo come gli sprinkler, gas, squadre di intervento e via dicendo) o passivo come tutte le misure progettuali spaziali e sui materiali stessi per ridurre il più possibile il rischio incendio.

In ogni caso l’obbiettivo primario è la veloce e sicura evacuazione degli utenti e la protezione delle squadre di intervento.

Reazione e Resistenza al fuoco: differenze

Si deve sempre ricordare la differenza tra reazione e resistenza al fuoco.

In generale, se la reazione al fuoco, come detto, indica il grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto, la resistenza al fuoco implica l’attitudine di una struttura o di un elemento di compartimentazione a conservare, durante un periodo determinato di tempo, la stabilità strutturale (Resistenza), la tenuta ai gas (Ermeticità) e l’isolamento termico richiesto (Isolamento): per cui si parla in Italia di REI e del tempo necessario perché un elemento tecnico garantisca le corrette condizioni antincendio.

Ricordiamo che l’acciaio già a circa 300°- 400° dimezza le proprie capacità strutturali e va quindi scongiurato a priori che in tempi brevi si possano toccare queste temperature (su strutture portanti l’evento potrebbe diventare disastroso).

Sulle facciate possono inoltre essere svolti test molto severi. Detti “di grande scala” come quello normato dalla BS 8414 che è ritenuto uno dei più severi in Europa (campione di altezza 8.00 m e violenza dell’incendio 3.5 MW, 4500 MJ).

Fuoco sui tetti, quali prove per evitare l'incendio delle coperture

Un altro importante tema è quello del “Fuoco sui tetti” secondo la norma EN 13501-5 che prevede 4 metodi di prova secondo CEN/TS 1187:

  • test 1 (t1): con tizzoni ardenti (Germania)
  • test 2 (t2): con tizzoni ardenti e vento (Scandinavia)
  • test 3 (t3): con tizzoni ardenti, vento e irraggiamento di calore (Francia)
  • test 4 (t4): 2 stadi con tizzoni ardenti, vento e irraggiamento di calore (UK)
L’elemento costruttivo deve superare almeno uno di questi test e ottenere la classificazione di Classe B roof (secondo EN 13501-5 del 2016).

In definitiva possiamo dire che un corretto progetto antincendio deve tenere in considerazione tutta una serie di parametri, verificabili con la normativa europea e nazionale vigente e con i relativi certificati di prova, in grado di permettere la scelta più appropriata sia della singola soluzione, che del pacchetto stratificato, che delle protezioni (attive e passive).

Realizzare le protezioni al fuoco con sistemi stratificati a secco, in lastre e materassini isolanti ignifughi o vernici intumescenti sulle membrature portanti, consente di utilizzare al meglio le proprietà dei materiali e permette il posizionamento nell’involucro anche degli stessi pannelli sandwich in un mix funzionale.

In Italia è in vigore dal 15/04/2013 la “Guida Tecnica Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili” che si applica per edifici con altezza superiore a 12 metri.

Questo documento resta oggi su base volontaria e non cogente (anche se ampiamente conosciuto e utilizzato) e urge che la Comunità Europea adotti criteri di valutazione e norme armonizzate specifiche per le facciate.

Proteggere l’acciaio dal fuoco è fondamentale dall’inizio per ogni progettista che deve assolutamente considerare questo aspetto come primario e ineludibile.

Di sicuro i fatti di Milano porteranno ad utili discussioni, che spero però non siano pregiudiziali bensì ragionate e scalate a seconda dell’uso dell’edificio, delle sue dimensioni, delle tipologie di protezioni attuate e via dicendo.

Soluzioni semplicistiche, come richiedere l’obbligo della incombustibilità, non sono utili al progresso costruttivo, anche a valle di un evento drammatico ma dove il materiale utilizzato (come proveranno sicuramente le perizie tecniche) era abbondantemente oltre ogni limite possibile in termini di reazione e resistenza al fuoco.

Va peraltro ricordato che quel palazzo, per fortuna, ha avuto un buon progetto nel nucleo scale che ha consentito l’esodo e la fuga in sicurezza di tutti gli occupanti, e in generale della struttura portante a differenza del caso di Londra dove l’edificio era privo di qualsiasi requisito antincendio.

Pertanto affrontare il Fire Safety Design and Management è materia molto seria e complessa che va garantita sia in termini di qualità dei materiali e componenti costruttivi che sull’assetto globale di progettazione degli spazi, delle vie d’esodo e dei sistemi di protezione e pronto intervento.

Scritto da

Marco Imperadori
Marco Imperadori

Professore Ordinario di Produzione Edilizia, titolare della cattedra di Progettazione e Innovazione Tecnologica, delegato del Rettore per l’Estremo Oriente Politecnico di Milano. Membro della commissione sostenibilità di Fondazione Promozione acciaio. - (Fotografia di A. Avezzù)

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