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Materiali, salubrità e trasparenza: come l’edilizia può (e deve) cambiare prospettiva

Materiali, salubrità e trasparenza: come l’edilizia può (e deve) cambiare prospettiva

Materiali, trasparenza e salubrità: Carlo Battisti spiega come cicli di vita, etichette e scelte progettuali guidano edifici più sani e sostenibili.Negli ultimi vent’anni il dibattito sulla sostenibilità in edilizia ha fatto passi enormi. L’efficienza energetica è diventata un prerequisito, le certificazioni hanno aperto nuovi standard e progettisti e aziende hanno iniziato a confrontarsi con cicli di vita, impronte emissive e qualità dell’aria indoor.

Eppure, come sottolinea Carlo Battisti — Presidente di Living Future Europe e voce autorevole nel campo della progettazione rigenerativa — esiste ancora un’area critica su cui il settore deve crescere in modo radicale: i materiali.

“Un edificio è un assemblaggio di materiali. Se vogliamo parlare di sostenibilità, non possiamo ignorare ciò che lo compone, come è stato prodotto e quale impatto avrà sulle persone che lo abiteranno”

In questa conversazione approfondita esploriamo l’impatto dei materiali sul clima, sulla salute e sulle responsabilità etiche dell’edilizia contemporanea. Una riflessione ampia che tocca normative, trasparenza, scenari futuri e la necessità di un dialogo più maturo tra produttori e progettisti.

1. Dal carbonio operativo al carbonio incorporato: una nuova consapevolezza

Per molti anni la sostenibilità edilizia si è concentrata su un obiettivo primario: ridurre i consumi energetici in fase operativa. Un obiettivo certamente cruciale nella strategia di decarbonizzazione, ma non più sufficiente.

“L’attenzione si sta spostando sul carbonio incorporato. Ed è un cambio di paradigma significativo.”

Il carbonio incorporato rappresenta l’impronta climatica associata alla produzione, al trasporto, all’installazione e alla fine vita dei materiali.
Spesso viene percepito come la componente più rilevante del ciclo di vita, ma è importante precisare che — secondo le principali analisi internazionali — la quota complessiva delle emissioni di un edificio deriva dall’accoppiata tra carbonio operativo e carbonio incorporato.

In media:

  • 28% è attribuibile al carbonio operativo, cioè le emissioni generate dal funzionamento energetico dell’edificio;
  • 11% deriva dai materiali strutturali e di costruzione;
  • circa 10% è legato ai materiali per l’interior design e il fit-out (ad esempio nel retail).

Sommate, queste componenti rappresentano una parte molto significativa dell’impronta climatica totale di un edificio, ma non è corretto attribuire oltre il 50% al solo carbonio incorporato.

“Stiamo vedendo che molti studi di progettazione danno ormai per scontata l’efficienza energetica. Il vero focus si sta spostando sull’analisi integrata del ciclo di vita: materiali, interior, operation.”

Misurare tutto questo richiede strumenti rigorosi: LCA (Life Cycle Assessment), standard ISO 14000, EPD.
Processi ormai consolidati, ma che in Italia stanno emergendo lentamente, spesso spinti da progettisti sensibili o da aziende orientate all’innovazione.

2. L’altra metà della sostenibilità: la salute degli ambienti interni

La seconda dimensione, spesso sottovalutata, è quella della salute. Viviamo oltre il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi, ricorda Battisti: case, uffici, scuole, ospedali, anche i veicoli.

In questi spazi siamo esposti a materiali che possono rilasciare sostanze nocive, in particolare i cosiddetti VOC (composti organici volatili) contenuti in vernici, sigillanti, colle, isolanti, arredi e molto altro.

“Con i protocolli come WELL e Living Building Challenge non basta dichiarare l’assenza di sostanze nocive: bisogna misurare la qualità dell’aria indoor quando l’edificio è completato, con test sul campo.”

È una rivoluzione culturale:
non solo scegliere materiali salubri, ma verificare che lo siano davvero dopo posa, asciugatura, arredamento e occupazione degli spazi.

Molte sostanze nocive non sono immediatamente percepibili: si accumulano, interagiscono con l’umidità, reagiscono nel tempo. Per questo i protocolli richiedono monitoraggi post-occupazione, spesso ignorati nella prassi tradizionale.

3. Il valore della trasparenza: dal cibo ai materiali da costruzione

Quando Battisti parla di trasparenza, utilizza un paragone illuminante: quello con l’alimentare.

“Nel cibo sappiamo leggere subito cosa contiene un prodotto. Negli edifici portiamo materiali complessi, spesso basati su formulazioni chimiche difficili da interpretare.”

Da qui il successo di strumenti come:

EPD – Environmental Product Declaration

Che quantificano l’impatto ambientale del prodotto “dalla culla alla tomba”.

Declare Label

L’etichetta sviluppata dall’International Living Future Institute che elenca tutti gli ingredienti chimici sopra le 100 parti per milione (0,01% in peso).
Una sorta di “etichetta degli ingredienti” dei materiali da costruzione.

Red List

La lista delle sostanze chimiche da evitare nel costruito: ftalati, ritardanti di fiamma bromurati, biossidi problematici, PFAS e decine di altre famiglie.

“È lo strumento più rigoroso al mondo per distinguere cosa è accettabile e cosa no. Se vuoi realizzare un Living Building, devi usare materiali privi di ingredienti nella Red List.”

Con la Declare label, un progettista può finalmente sapere da dove viene un prodotto, come è fatto e quali ingredienti contiene.
È un salto di qualità enorme rispetto alle schede tecniche tradizionali, spesso criptiche o parziali.

4. PFAS, normative e il caso Danimarca: ciò che sta arrivando anche in Italia

Durante l’intervista Battisti racconta un episodio significativo:

un convegno organizzato a Copenhagen all’interno del Parlamento danese lo scorso settembre, dedicato interamente ai PFAS nell’edilizia.

La sala era gremita, con progettisti, associazioni, ricercatori, politici.
E un grande pannello mostrava centinaia di prodotti edilizi comuni — membrane, isolanti, rivestimenti, sigillanti — ognuno con la presenza di PFAS evidenziata.

“Praticamente tutti i prodotti contengono PFAS, per ragioni di durabilità e prestazioni. Ma il tema è arrivato sulle news, nella politica, nella società.”

Questo esempio dimostra come in alcuni Paesi la sensibilità pubblica verso la salubrità dei materiali sia molto più sviluppata.

In Italia, osserva Battisti, il tema è affrontato ancora a macchia di leopardo: ci sono eccellenze, studi avanzati, produttori innovativi, ma la consapevolezza diffusa rimane limitata.

Eppure, il ritardo rischia di essere pagato caro:

  • le normative europee stanno accelerando,
  • i mercati nord-europei impongono requisiti sempre più stringenti,
  • la domanda di trasparenza da parte dei clienti crescerà inevitabilmente.

Perché serve un dialogo più maturo tra produttori e progettisti

Una delle parti più forti dell’intervista riguarda il rapporto tra chi progetta e chi produce.

Il cambiamento, secondo Battisti, avviene solo quando i due mondi iniziano a parlarsi davvero.

“Serve un dialogo continuo. Gli architetti devono chiedere trasparenza, e le aziende devono essere pronte a rispondere rivedendo se necessario i propri processi.”

È un percorso impegnativo.
Modificare formulazioni, rimuovere ingredienti dubbiosi, ripetere test di prestazione, standardizzare cambiamenti in più stabilimenti… tutto questo richiede:

  • risorse,
  • tempo,
  • competenze tecniche,
  • volontà strategica.

Ma è l’unica via per restare competitivi in un settore che chiede sempre più qualità e sempre più responsabilità.

Un caso emblematico è quello citato da Battisti: un’azienda che, offrendosi come fornitore per un progetto registrato Living Building Challenge, ha riformulato una membrana impermeabile eliminando ftalati tossici e mantenendo le stesse prestazioni.

“Quando un’azienda compie questi passi, diventa leader. Gli altri saranno costretti a seguirla.”

La responsabilità sociale dell’edilizia: cosa chiedono gli utenti

Un tema particolarmente interessante emerso nell’intervista riguarda i comportamenti degli utenti.

Quando una famiglia compra casa, spesso dedica settimane a scegliere le piastrelle, il colore delle pareti, il modello delle porte.
Ma quasi nessuno si domanda quali sostanze siano presenti nei materiali che respira ogni giorno.

E questo è un problema culturale, ma anche professionale.

“Chi progetta e chi costruisce dovrebbe informare meglio i clienti. Non può essere il cliente a chiedere se il sigillante contiene sostanze nocive. Deve essere il professionista a sollevare il tema.”

È qui che entra in gioco la responsabilità sociale dell’edilizia.
La salubrità non può essere opzionale. Non può essere un costo extra da giustificare.
È un diritto di chi vive negli ambienti.

E soprattutto:
un’opportunità industriale per chi saprà costruire prodotti veramente sostenibili e trasparenti.

Verso un settore più adulto, più maturo e più responsabile

La conclusione dell’intervista è un invito a tutto il settore: progettisti, imprese, produttori.

Abbassare la trasparenza fa comodo a chi ha qualcosa da nascondere, ma penalizza proprio le aziende virtuose.
Alzare la trasparenza, invece, crea valore, fiducia e differenziazione.

“Se tutti tengono l’asticella della trasparenza bassa, nel sommerso si confonde chi lavora bene con chi lavora male. E questo penalizza chi sta facendo passi reali verso l’innovazione.”

Il futuro dell’edilizia è fatto di:

  • materiali tracciabili,
  • ingredienti dichiarati,
  • maggiore responsabilità sociale,
  • normative più severe,
  • maggiore domanda di salubrità,
  • edifici che non solo consumano meno, ma che fanno vivere meglio.

Un percorso complesso ma inevitabile, che richiede coraggio, dialogo e una vera visione di lungo periodo.

Scritto da

Raffaele Bulgarelli - Digital Marketing Expert presso Manni Group
Raffaele Bulgarelli - Digital Marketing Expert presso Manni Group

Raffaele, Digital Marketing Expert di Manni Group, collabora in modo sinergico con Isopan entrando in contatto con il mondo tecnico del pannello sandwich e osservando i trend evolutivi dell’edilizia. Grazie alla formazione in Architettura ha un occhio attento su temi e attività online che coinvolgono i progettisti e gli architetti.

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