Architectural Talks, la serie di interviste realizzate da Manni Group in collaborazione con YACademy, incontra Federico Pompignoli, dello Studio 7478.
Ecco che cosa troverai in questo contenuto:
Federico Pompignoli e Studio 7478
Dal 2010 al 2019 Pompignoli ha lavorato presso OMA dove ha guidato il progetto fino al completamento della Fondazione Prada di Milano.
Nel 2019 fonda insieme all’architetto Alessandro De Santis lo studio 7478, attivo ad oggi su progetti in Italia, Medio Oriente e Malta.
Lo studio è conosciuto per la sua attenzione al dettaglio e alla sostenibilità ambientale. Si occupa di progetti di architettura, urbanistica, interior design e product design, lavorando a livello internazionale su diverse scale di intervento.
L’intervista di Manni Group a Federico Pompignoli di Studio 7478
MG: Siamo in Fondazione Prada. Per quanto riguarda la riqualificazione di edifici esistenti, quale può essere il ruolo della costruzione a secco e delle tecnologie ad essa collegate?
Federico Pompignoli: Credo che la tecnologia a secco sia sicuramente fondamentale, soprattutto nei progetti di riqualificazione, in quanto riesce a garantire una certa rapidità di installazione, mantenere i costi sotto controllo, e dal mio punto di vista, è una tecnologia che riesce a garantire anche una certa reversibilità.
Nel senso che per quanto riguarda i progetti di riqualificazione, credo che l'opportunità che si ha nel riconvertire un edificio e quindi nel cogliere le possibilità che questi edifici esistenti ancora offrono, sia altrettanto importante se si considera la possibilità di poter ritornare indietro e quindi poter, in un futuro, anche rimodificare il progetto che abbiamo fatto.
Quindi, dal mio punto di vista, l'elemento caratterizzante le soluzioni a secco, ovvero elementi pronti per essere installati facilmente, rapidamente e senza troppi interventi impattanti sull’esistente garantisce anche la possibilità di riconvertire in futuro questi edifici e quindi a rimodificare i nostri stessi progetti.
MG: Cosa ne pensi della modularità che offre la costruzione a secco? È un ostacolo o un'opportunità in termini di rispetto delle idee creative alla base del progetto, di stile e concept che lo studio vuole trasmettere attraverso il progetto stesso?
P: Credo che ormai l'architettura contemporanea abbia raggiunto una fase in cui non si possa più prescindere dalla modularità e di conseguenza l'utilizzo di prodotti e soluzioni di derivazione industriale.
Credo che il trucco sia poter usufruire di queste tecnologie modulari che garantiscono una qualità intrinseca, pur mantenendo una quota di libertà all'architetto rispetto a finiture o alla possibilità di essere adattate a situazioni contingenti.
Quindi la modularità secondo me è un vantaggio se garantisce una certa libertà all'architetto.
MG: Probabilmente l’offsite, nell'esperienza di tutti i giorni in cantiere, penso ti possa aiutare a raggiungere davvero quelle caratteristiche che volevi ottenere senza dover dipendere da una certa aleatorietà.
P: Esattamente, sempre più credo che l'architettura per garantire una buona qualità di esecuzione che riflette anche poi una certa coerenza rispetto al concept architettonico, non possa più prescindere da una precisione e una qualità che solo applicazioni industriali possono garantire.
Quindi, anche per questo io sono sicuramente a favore di queste tecnologie, di queste applicazioni e credo che di conseguenza il cantiere sempre più diventi o debba diventare il luogo dell'assemblaggio di queste tecnologie.
Preventivamente studiate, definite, realizzate e certificate in modo tale da limitare sempre di più la parte di eccezione o di improvvisazione o di correzione di errori in cantiere che rischiano di inficiare la qualità finale. Quello a cui io ambisco come architetto, soprattutto in fase di costruzione, è poter veramente garantire una qualità di tipo industriale e una precisione di esecuzione che solo queste tecnologie possono garantire.
MG: Offsite vuol dire anche un impatto sull’aspetto concreto della sostenibilità. Vuoi dare qualche commento, qualche esempio, magari progetti passati su questo aspetto?
P: Dal punto di vista della cosiddetta sostenibilità, più che diciamo vantaggi diretti nell'utilizzo di materiali sostenibili di per sé, il vero vantaggio consiste in una gestione del cantiere e delle tempistiche esatte di tutto il ciclo: vengono consumate minori risorse, i tempi si accorciano con sistemi meno energivori e una qualità dei materiali che, come detto prima, solo una soluzione di tipo industriale può garantire.
Per esempio, limitare i ponti termici o l’utilizzo di soluzioni improvvisate in cantiere e sicuramente la possibilità di riutilizzare gli stessi elementi una volta disassemblati in un modo previsto fin dall'inizio.
Quindi non c'è più la demolizione e di conseguenza la generazione di scarti, ma semplicemente un riutilizzo. Da questo punto di vista, quindi, trovo queste soluzioni interessanti in quanto viaggiano in modo parallelo rispetto ad un trend di riutilizzo delle architetture esistenti. Quindi, anziché una tipologia di utilizzo mono funzionale, usa e getta, sempre più ci si deve spostare verso la possibilità di riutilizzare elementi, così come riutilizzare un edificio esistente.
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MG: Visto che siamo qui in Fondazione Prada, quale è stata la sfida più difficile da affrontare? Che magari ti ha dato anche più soddisfazione una volta risolta?
P: Devo dire che, nonostante una volta terminato il progetto, ed è stato un progetto abbastanza lungo e molto impegnativo sotto vari punti di vista, si tenda a notare solo i difetti, quello che penso sia stato effettivamente un buon risultato è stato il controllo di un certo livello di qualità in modo ubiquo nei vari edifici del progetto, con diversi materiali e diverse tecnologie coinvolte, potendo così gestire il progetto e garantire un buon standard di qualità e attenzione ai dettagli.
E questo coinvolge edifici esistenti, ma anche nuovi edifici, tecnologie cinetiche e tecnologie più tradizionali, materiali più classici e materiali più innovativi. È di questo che parlavamo prima: credo che sempre di più l'ambizione debba essere quella di poter governare e garantire una qualità di dettaglio, di precisione d’esecuzione, di controllo delle risorse che solo il mondo industriale riuscirà a garantire in futuro.
MG: Grazie
P: Grazie a voi
Leggi le parole dei principali attori dell'architettura internazionale nelle interviste agli Archistar di Manni Group realizzate in collaborazione con Yacademy.