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Edilizia green: quando un termine può nascondere rischi per l'ambiente

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Edilizia green: quando un termine può nascondere rischi per l'ambiente

L'edilizia green è un concetto che mira a creare edifici e infrastrutture in modo sostenibile, riducendo l'impatto sull'ambiente. Ma cos’è realmente un “green building”? Può essere definito come un edificio sostenibile dal punto di vista ambientale, quindi performante, la cui impronta ecologica è importante tanto quanto il benessere di chi lo abita.

Il World Green Building Council, definisce il green building come “un edificio che, nella sua progettazione, costruzione o funzionamento, riduce o elimina gli impatti negativi, e può creare impatti positivi, sul nostro clima e sull’ambiente naturale. I green buildings preservano preziose risorse naturali e migliorano la nostra qualità della vita”.

Tuttavia il concetto di sostenibilità, oggigiorno largamente discusso, può rischiare di essere utilizzato impropriamente o nascondere rischi per chi non ha abbastanza strumenti o conoscenze per valutarne la veridicità. 

Greenwashing

Il greenwashing può essere definito “ambientalismo di facciata”, una strategia comunicativa adottata da aziende, organizzazioni e istituzioni politiche al fine di proclamare un grande impegno ambientale e sociale senza alcun effettivo riscontro concreto. L’obiettivo del greenwashing è duplice:

  • attrarre consumatori attenti alla sostenibilità;
  • orientare l’opinione pubblica sulle tematiche “green” per nascondere eventuali difetti del prodotto o dai danni ambientali provocati dalle attività produttive.

Spesso chi opera greenwashing vanta i propri sforzi per diminuire l’impatto ambientale senza però avviare davvero un effettivo processo di cambiamento in chiave sostenibile. 

La differenza tra green marketing e greenwashing si fonda proprio sulla verificabilità del basso impatto ambientale dei prodotti e dei processi produttivi: un impatto reale nel caso del green marketing, fittizio in caso del greenwashing.

Nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato un report in cui sono stati presi in esame dei siti web aziendali: il 42% di questi affermavano pratiche ecofriendly ma rivelatesi poi green claim ingannevoli e pratiche commerciali sleali.

Ma dove nasce il Greenwashing?

Il termine “greenwashing” è stato usato per la prima volta nel 1986 negli Stati Uniti, dall’ambientalista Jay Westerverd. Westerverd ha denunciato la pratica delle catene alberghiere di disincentivare i clienti al consumo di asciugamani: la comunicazione incentrata sull’impatto ambientale del lavaggio, nascondeva l’obiettivo del risparmio economico dovuto alla riduzione dei costi per questa attività.

Il greenwashing si è quindi diffuso negli anni Novanta, a seguito delle azioni di aziende chimiche e petrolifere americane che si promuovevano eco-friendly per nascondere i danni ambientali provocati dalle loro attività.

Come riconoscere le pratiche di Greenwashing

È necessario osservare criticamente le comunicazioni aziendali, prestando particolare attenzione a:

  • linguaggio e slogan vaghi e aleatori o, al contrario, talmente tecnico da risultare fuorviante e incomprensibile;
  • uso di immagini con prevalenza del colore verde o soggetti naturali per rievocare l’ambiente e quindi l’interesse verso l’ecologia;
  • divulgazione di dati ambientali senza citare fonti attendibili;
  • indicazioni vaghe e fraintendibili sul prodotto;
  • inserimento di certificazioni contraffatte o etichette false.

Nuove regole per prodotti sostenibili

Il 3 maggio 2023, anche il parlamento europeo si è espresso per definire nuove norme per migliorare l'etichettatura e la durabilità dei prodotti e porre fine alle dichiarazioni ingannevoli. I punti principali del mandato negoziale sono:

  • Vietare le dichiarazioni ambientali generiche e senza fondamento
  • Proibire l’obsolescenza programmata
  • Garantire l’offerta di pezzi di ricambio e materiali di consumo anche non originali

Per semplificare le informazioni sui prodotti, i deputati prevedono di autorizzare solo etichette di sostenibilità basate su sistemi di certificazione ufficiali o stabiliti da autorità pubbliche, per mettere in evidenza i prodotti di qualità e motivare le aziende a concentrarsi di più sulla durabilità. Il prossimo passo saranno i negoziati tra il Parlamento e i singoli stati Membri per la stesura definitiva.

Materiali non sostenibili 

Nel settore edilizio la scelta dei materiali ha un ruolo fondamentale per ridurre l’impatto ambientale, ma un materiale per definirsi sostenibile deve rispettare determinati requisiti:

  • Basso impatto ambientale in ogni fase del ciclo di vita
  • Processo di produzione a partire da materie prime rinnovabili
  • Mancanza di emissioni nocive negli ambienti 
  • Produzione con bassa emissione di inquinanti
  • Elevata durabilità e riciclabilità
  • Produzione che sfrutta energie rinnovabili e non fossili

Utilizzare materiali eco-sostenibili e fonti energetiche rinnovabili non sono necessariamente sufficienti a garantire la qualità di un progetto sostenibile, perché è importante considerare anche gli aspetti collegati all’impatto sull’ambiente e quelli economici di tutto l’intervento edilizio. 

Perciò, nella scelta di un materiale, dobbiamo tenere conto di tutto il suo ciclo di vita e le possibili implicazioni che ogni fase, dalla produzione all’utilizzo fino allo smaltimento, determina sull’ambiente. Per questo motivo, possono essere considerati sostenibili anche i materiali non rinnovabili, purché abbiano un processo produttivo efficiente dal punto di vista energetico, con basse emissioni inquinanti e una durata superiore a quella delle loro alternative rinnovabili.

Anche i materiali cosiddetti “naturali” non garantiscono da soli la sostenibilità, se ad esempio per produrli, trasportarli e metterli in opera vengono consumate grandi quantità di energia e non si è in grado di garantire la rigenerazione di quelle risorse naturali. Per questo bisogna prestare molta attenzione e non cadere nel “greenwashing dei materiali”. Ma verificare tra tutti i tre requisiti fondamentali

  • Processi produttivi energeticamente efficienti e con ridotte emissioni inquinanti.
  • Emissioni nocive assenti dopo la messa in opera.
  • Lunga durata ed elevata riciclabilità.

Energie rinnovabili limitate 

Petrolio, carbone e gas metano coprono oggi l’80% del fabbisogno energetico mondiale. Le fonti fossili sono destinate ad esaurirsi, soprattutto a causo di uno sfruttamento incontrollato. Le fonti cosiddette cosiddette rinnovabili hanno invece la connaturata caratteristica di rinnovarsi, ovvero di non esaurirsi a causa della loro trasformazione in energia fruibile. 

Le rinnovabili sono fonti energetiche diffuse, insite nella forza dell’acqua e del vento, del calore del sole e della terra. Sono fonti di energia inesauribili, con basso impatto ambientale e produzione di emissioni di CO2 minime o nulle. Eppure, nonostante il settore edilizio sia tra i più energivori e con maggior impatto ambientale, deve fare ancora molti passi in avanti per abbracciare appieno un nuovo modo di intendere la produzione e lo sfruttamento di energia rinnovabile. 

Ci sono sicuramente grandi interventi a livello globale che possono ampliare la diffusione e l’utilizzo di fonti rinnovabili e ridurre il consumo di risorse esauribili e inquinanti; l'edilizia green può giocare un ruolo importante a partire da una scala più locale, e considerare:

  • Introduzione di impianti di produzione di energia rinnovabile in ciascun edificio, creando un network di generazione distribuita, abbattendo i costi di trasporto;
  • Utilizzare materiali che provengono da una filiera controllata e prodotti attraverso energie rinnovabili.

Mancanza di certificazioni

Per dimostrare l'impegno verso l'edilizia sostenibile, si possono ottenere diverse certificazioni, come LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) o BREEAM (Building Research Establishment Environmental Assessment Method) per gli edifici. L’ottenimento di una o più certificazioni attesta il rispetto di rigorosi standard in termini di sostenibilità e qualità ambientale. 

Le certificazioni sono di tipo volontario e riguardano l’intero ciclo di vita della costruzione; in assenza di una o più certificazioni, risulta difficile attestare che un intervento edilizio sia effettivamente corrispondente ai principi dell’edilizia sostenibile o che non venga utilizzato impropriamente l’aggettivo “green”. 

Per attestare invece la sostenibilità di un edificio è possibile ottenere:

  • Certificazione LEED: analizza le prestazioni degli edifici in base ad 8 criteri, a ciascuno dei quali si assegna un punteggio che concorre al raggiungimento di uno dei quattro livelli (CERTIFIED · SILVER · GOLD · PLATINUM). 

I vantaggi dell’adozione degli standard LEED in un progetto sono: la gestione oculata del cantiere, la manutenzione programmata dell’edificio, il contributo dell’edificio sulla riduzione dell’impatto ambientale delle costruzioni. 

  • Certificazione BREEAM: valuta la sostenibilità degli edifici e il benessere delle persone che ci vivono. La valutazione avviene in base a 10 categorie, alle quali si attribuirà un punteggio, la cui somma costituisce 6 livelli di certificazione.

I vantaggi della certificazione BREEAM sono il risparmio energetico, sia in termini di risorse che di costi, la progettazione di ambienti sostenibili, in cui si garantisce il benessere delle persone e la conservazione delle risorse naturali.

Per concludere, è necessario abbracciare una visione olistica per raggiungere concreti obiettivi di sostenibilità e ridurre gli impatti del costruito sull’ambiente, con azioni specifiche e certificabili (vedi le certificazioni LEED e BREEAM). Diffidare di chi vanta competenze non comprovabili e di prodotti che speculano sui veri principi di rispetto per l’ambiente.

Il primo passo è ridurre il fabbisogno energetico, idrico e di risorse naturali in generale, con tecnologie efficaci e sostenibili come le fonti rinnovabili; bisogna poi progettare sistemi di gestione efficienti, utilizzare materiali riciclati e/o riciclabili.

Non ultimo, è fondamentale valutare le prestazioni degli edifici, il comfort, la sostenibilità e la salubrità dei materiali, la gestione del cantiere e la messa in esercizio dell’immobile.

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Scritto da

Marta Lupi - R & D Engineer
Marta Lupi - R & D Engineer

Marta Lupi, ingegnere dei materiali e R&D Project Manager di Isopan, si occupa di progetti di ricerca volti ad individuare nuove soluzioni di prodotto e processo. Lavora a stretto contatto con Università, centri di ricerca e partner strategici per l’innovazione.

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