Il data center è una sala macchine, una struttura fisica in cui trovano spazio server, storage, gruppi di continuità e tutte le apparecchiature che supportano i sistemi informativi delle aziende. A causa dell'elaborazione continua dei server, che movimentano enormi quantità di processi e informazioni, viene generata una grande quantità di calore; per questo motivo, è necessario prevedere già in fase progettuale, adeguati ed efficienti sistemi di raffreddamento e gestione del calore.
Come si può dedurre, il calore che viene generato dalle macchine presenti all’interno di un Data Center rappresenta una delle maggiori criticità: infatti, il funzionamento delle apparecchiature informatiche può essere compromesso in presenza di temperature elevate, causando ingenti danni all’intera infrastruttura. Da qui la necessità di prevedere al suo interno uno o più sistemi di raffreddamento e di estrazione del calore.
Le tipologie di raffreddamento dei data center si stanno dotando di tecnologie sempre più ottimali per mantenere condizioni ambientali adatte all'attrezzatura informatica. Con la crescente domanda per una maggiore efficienza operativa dei data center, contemporaneamente si cercano soluzioni per il raffreddamento sempre più performanti.
Per un corretto controllo ambientale, oltre al calore, bisogna considerare:
Questo tipo di controllo, al fine di mantenere le condizioni ambientali ottimali, può essere gestito attraverso dei sensori che ottimizzino il funzionamento degli impianti, riducendo spese evitabili derivanti da riscaldamento o raffrescamento non necessario.
Il processo di raffreddamento dei Data Center impiega circa il 40% del consumo energetico e, generalmente, sfrutta i tradizionali impianti di condizionamento dell’aria. Ad esempio, se consideriamo che i processi necessari ad alimentare le applicazioni di intelligenza artificiale sono ancora più energivori, capiamo come i Data Center siano costretti ad adottare nuovi approcci per soddisfare le proprie esigenze di raffreddamento e che l’infrastruttura tradizionale non è più sufficiente.
Per migliorare il raffreddamento, i progettisti devono occuparsi di:
Il consumo energetico e l’impatto ambientale che derivano dal loro raffreddamento rendono necessario sviluppare soluzioni di condizionamento sempre più efficaci, tanto sul piano funzionale quanto su quello economico.
Il raffreddamento di una data center è uno degli aspetti più importanti per i professionisti del settore, perché non avere a disposizione adeguate tecniche di raffreddamento implicherà una serie di limitazioni fisiche sul funzionamento delle macchine e un dispendio energetico fuori controllo.
Un primo tentativo viene affrontato con la legge di Moore proposta da Ken Bill nel 2007, che prevede l'introduzione di nuove tecnologie per contrastare i potenziali problemi di sovraconsumo di elettricità da parte dalle attrezzature di raffreddamento dei data center.
Oggi, alcune delle organizzazioni più attente cercano di ridurre le emissioni dannose per l’ambiente, di ottimizzare il più possibile i costi e quindi di ridurre il dispendio energetico. Ciò richiede che la progettazione dei data center avvenga in base a stringenti criteri di efficienza, basata sempre più su fonti di energia rinnovabile.
Come accennato, una delle soluzioni tradizionali per il controllo della temperatura all’interno dei data center è il sistema di condizionamento ad aria.
I data center, però, possono anche aumentare la propria efficienza di raffreddamento sfruttando la disposizione e l'organizzazione delle proprie attrezzature.
Per ottenere la disposizione ideale si utilizza il sistema detto “corridoio caldo/freddo”: se l'aria calda e fredda di mescolano si verifica un consumo di energia non efficiente, inoltre, l'attrezzatura viene privata della temperatura necessaria per funzionare in modo ottimale. Implementando il metodo del corridoio freddo/caldo, i rack sono sostanzialmente posizionati in modo tale che l'aria calda e fredda finiscano per passare attraverso percorsi separati.
Superata la soluzione tradizionale, sono state sperimentate altre soluzioni più efficienti; ad esempio, la tecnologia di “raffreddamento a liquido” sta registrando risultati positivi, divenendo così tra le soluzioni di raffreddamento alternative per i Data Center.
Di seguito si passano in rassegna alcuni dei sistemi di raffreddamento moderni:
Il free cooling è un metodo di raffreddamento che si può definire minimalista e riduce il costo totale del raffreddamento in un data center. Questo sistema si basa sul principio di garantire che il flusso d'aria del data center abbia la temperatura ideale; in questo modo si può economizzare sulle due componenti di questo sistema: l'acqua e l'aria. Il sistema ad aria è leggermente rischioso perché richiede di regolare l'aria esterna per raffreddare l'attrezzatura, mentre quello ad acqua potrebbe introdurre agenti inquinanti.
Il sistema di raffreddamento libero degli ambienti va a sfruttare la sola differenza di temperatura con l’ambiente esterno, ovvero l’entalpia. Un impianto di questo tipo non necessita di macchine preposte a favorire lo scambio termico: esso, infatti, sfrutta la temperatura naturale esterna. Da qui un immediato impatto molto positivo sul risparmio energetico. Questa tecnologia può essere adottata laddove il clima lo consente, e presuppone un investimento iniziale più elevato rispetto a quello richiesto da altri sistemi, e spesso viene scartato perché non si valutano i ritorni economici nel lungo termine.
Di seguito altri metodi che utilizzano moderne tecnologie per il raffreddamento:
Come precedentemente descritto, il tema di una progettazione attenta dei data center è fondamentale sia per il controllo della temperatura interna che per ridurre l’impatto ambientale (generazione di calore, consumo eccessivo di acqua, energia ecc).
Possiamo individuare alcune soluzioni che vertono verso una progettazione sostenibile:
Un aspetto virtuoso, che può essere messo in campo ad esempio per il raffreddamento ad acqua, risiede nella possibilità di non far disperdere il calore prodotto, bensì di recuperarlo per riscaldare ambienti vicini. Sperimentazioni di questo tipo sono state avviate già in Scandinavia.
L’unità di distribuzione del raffreddamento da liquido a liquido fa circolare quest’ultimo attraverso i rack ed espellono il calore utilizzando appunto l’acqua. Si tratta di un sistema a circuito chiuso dell’acqua – quindi senza alcun consumo o necessità di reintegro – ed è in grado di intercettare il calore di dissipazione per riscaldare uffici, case o, in generale, per supportare applicazioni di processo che richiedono potenza termica per l’operatività.
Il recupero del calore di scarto è un aspetto di notevole interesse ed importanza: è una tecnica che favorisce l’ecosostenibilità.
L’acqua è il presupposto necessario per molte attività umane, e internet non fa eccezione. Per il raffreddamento dei data center ne vengono utilizzate enormi quantità, e indirettamente, ne consumano per la produzione dei materiali e dell'energia che li alimenta. Complessivamente i data center non incidono molto sul consumo idrico globale, ma il loro impatto, in zone dove l'acqua scarseggia, può essere pesantissimo. Le sale dati diventeranno sempre più grandi e numerose, e con l'arrivo dell'intelligenza artificiale, che ha bisogno di immense quantità di dati, il fabbisogno di acqua potrebbe crescere ulteriormente, per questo non è più possibile ignorare il problema.
Per questo, molte grandi aziende hanno dichiarato impegni ambiziosi per il prossimo futuro: sia Microsoft che Google si sono impegnate a diventare "water positive" entro il 2030, utilizzando il sistema di reintegro dell’acqua in falda almeno nella stessa quantità prelevata. Anche Meta provvede già a ripristinare acqua nei luoghi in cui le sue strutture hanno un impatto più pesante.
Nel 2017 un consorzio che rappresenta il 90% dell'industria europea del settore ha stilato un "Patto per la neutralità climatica dei data center" che prevede, tra l'altro, un maggiore utilizzo di acqua industriale, riservando quella potabile ad altri usi.
Accordo di Programma MSE-ENEA:
Norma ASHRAE I43-2015
Norme ISO/IEC TS 22237
ANSI/TIA 942
Diversamente dagli impianti di raffreddamento tradizionali ad aria, il caso Ovh Cloud è importante perché veicola il calore verso l'esterno sfruttando un complesso impianto a liquido che funziona grazie a stazioni e sottostazioni di pompaggio, tubature e componenti a diretto contatto con i chip. I waterblock sono personalizzati con scanalature fresate che agevolano il passaggio dell'acqua (osmotizzata) e quindi il trasferimento di calore. Si tratta di un impianto di raffreddamento privo di refrigerazione e meno rumoroso di quelli più diffusi ad aria; può essere anche modulato a seconda degli impieghi e condizioni ambientali, infatti, si possono aggiungere componenti di dissipazione, come ad esempio portelli esterni con piccole ventole e scambiatori.
Ovh Cloud ha perfezionato costantemente le sue tecniche di raffreddamento per raggiungere livelli leader del settore in termini di efficienza energetica (Pue) e efficienza di utilizzo dell'acqua (Wue) per data center. Per raffreddare 10 ore di operatività di un server è sufficiente infatti la quantità di un bicchiere d'acqua contro un litro degli eventuali concorrenti.
La nuova sfida è rappresentata da un’altra tecnologia, che sta sviluppando ancora Ovh Cloud, che si propone di abbinare il raffreddamento ad acqua a quello a immersione: si chiama Hybrid Immersion Liquid Cooling. Esternamente appare come un comune rack verticale a forma di libreria che può contenere fino a 48 server, ma in realtà ogni server è inserito in un case indipendente a forma di libro in cui tutti i circuiti sono immersi in un fluido dielettrico.
Cpu e gpu, di fatto le parti più calde, godono invece del sistema di raffreddamento ad acqua basato su serpentine usato comunemente dall'azienda. In questo modo il rack risulta passivo e viene assicurata silenziosità e azzeramento dei consumi.
In Italia vediamo ancora una netta prevalenza dei sistemi a espansione diretta (DX), radicati verso un approccio orientato alla semplicità e al vantaggio economico immediato, mentre in altri Paesi europei hanno preso piede soluzioni più efficienti (CW e free cooling), anche se più costose nella fase iniziale risultano poi più economiche nel medio/lungo termine, portando ad un risparmio economico e un minor impatto ambientale.
In ogni caso, la tecnologia DX, per come la conosciamo oggi, sembra destinata ad essere superata: le restrizioni all’impiego di gas HFC costringeranno gli esperti del settore a optare per sistemi più evoluti, come quelli basati su composti organici insaturi (HFO), comunque più costosi, o quelli ad acqua refrigerata o per free cooling precedentemente descritti.
Marta Lupi, ingegnere dei materiali e R&D Project Manager di Isopan, si occupa di progetti di ricerca volti ad individuare nuove soluzioni di prodotto e processo. Lavora a stretto contatto con Università, centri di ricerca e partner strategici per l’innovazione.
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